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Racconti

sabato 30 gennaio, 2021

La Alpi 4000 del 2018

Un racconto

di BALLARINI VALTER
La Alpi 4000 del 2018

Chi organizza una ultra-maratona ciclistica come la Alpi 4000, non ha in mente un evento sportivo tradizionale.

E’ il regista di un film che verrà interpretato, vissuto e visto da molte persone: i randonneur, che sono certamente i protagonisti, gli “angels” (così vengono chiamati coloro che collaborano alla riuscita dell’evento), gli abitanti dei luoghi attraversati dal percorso, i parenti e gli amici dei randonneur, gli appassionati di questa disciplina, e la cosiddetta “gente comune”.

Ogni randonneur è libero di interpretare il viaggio a suo piacimento. Deve solo rispettare due semplici regole: seguire il percorso certificando il suo passaggio presso i controlli dislocati lungo di esso e concluderlo non prima e non dopo le ore minime e massime stabilite dagli organizzatori in base ad un regolamento riconosciuto internazionalmente.

Cosa caratterizza e differenzia una ultramaratona ciclistica dai tanti viaggi in autonomia che migliaia di ciclisti nel mondo compiono ogni anno andando ad esplorare luoghi noti o meno noti ?

La randonnée è una proposta di spazio-tempo pensata e organizzata da qualcuno, mentre il viaggio in autonomia sei tu a deciderlo, scegliendo sia la meta che il percorso da seguire e il tempo che ci vorrai impiegare.

Se decidi di partecipare ad una ultra maratona lo fai perchè vuoi metterti alla prova, individualmente, partecipando però ad un evento collettivo.

Si tratta di una sfida a tutti gli effetti dove, però, gli altri non sono gli avversari da battere, ma i compagni di un lungo viaggio ricco di difficoltà e di insidie, da completare entro un tempo massimo che non concede rilassamenti.

Il film immaginato dagli organizzatori non sempre corrisponde a quello di ogni singolo randonneur. Ciascuno si costruisce un suo programma di viaggio in base al quale attraverserà i luoghi ad orari diversi e in condizioni climatiche, atmosferiche e mentali diverse. Questa differenza si evidenzia sempre più man mano che passano i giorni e scorrono i chilometri.

Tra i numerosi randonneur di tutte le nazioni che partecipano ad una ultra maratona come la Alpi 4000 ci sono quelli che la interpretano come una sfida finalizzata a completare il percorso nel minor tempo possibile e altri che utilizzano tutto il tempo a disposizione per godersi il viaggio.

Ovviamente per gli uni e per gli altri il film è diverso. Anche i ricordi e i racconti sono diversi, ma tutti condividono la soddisfazione di aver portato a termine una impresa.

Ecco, una ultra maratona ti regala il gusto dell’impresa condivisa, mentre il viaggio solitario in autosufficienza totale è un’avventura individuale difficile da condividere con chi non l’ha vissuta.

Personalmente ho avuto modo di vivere il film di una ultra maratona sia da regista che da interprete, avendo organizzato lo scorso anno la 999 Miglia di Roma e del Sud insieme a Luca Bonechi e Fabio Bardelli e avendo partecipato quest’anno, come randonneur, alla Alpi 4000.

Ho completato il percorso arrivando in cima allo Stelvio per ultimo, ma entro il tempo massimo, conquistando sia il brevetto che la ambita “maglia nera” che rappresenta il simbolo di un modo, non meno eroico, di godere di tutto il tempo a disposizione per completare l’impresa.

Lo scorso anno ho ricevuto molti complimenti da chi ha partecipato alla 999 Miglia perchè si è trattato di una esperienza estrema per le difficoltà incontrate ma anche per l’enorme bellezza goduta dai randonneur che hanno attraversato Roma e gran parte del Sud d’Italia con i suoi tesori e i suoi gioielli noti e meno noti, comunque da scoprire a da vivere.

Quest’anno ho invece avuto modo di interpretare un film fantastico ideato, organizzato e sceneggiato dagli amici Enrico Peretti e Mario Zangrando, con il contributo preziosissimo di Gianfranco Vignati (Jimmy). La Alpi 4000 è stata l’occasione per scoprire il Nord Italia con le sue grandi montagne, le bellissime valli, i grandi laghi, i grandi fiumi e l’immensa pianura padana. Città d’arte, gioielli di architettura, piccole frazioni dimenticate, paesaggi nei quali perdersi, persone gentili e curiose incontrate lungo il percorso, angeli custodi dei rando point sempre disponibili e randonneur di tante diverse nazioni e culture come compagni di viaggio.

Ho pedalato di giorno e di notte, ho dormito pochissimo, ho mangiato tutto ciò che mi capitava a tiro, dimagrendo lo stesso qualche chilo. Ho bevuto circa 20 litri di acqua al giorno e numerose birre. Ho potuto apprezzare pasticcerie e gelaterie incontrate lungo il percorso nelle brevi ma numerose soste effettuate più per alimentare la mente che per rilassare i muscoli.

Ho anche dovuto affrontare un ultimo giorno drammatico per via di una contrattura dei muscoli del collo rimediata il giorno prima a causa degli sbalzi di temperatura nel tratto di gallerie del lago di Garda. Non potendo muovere il collo e sollevare la testa, mi era difficile pedalare nella corretta posizione. Ho percorso la lunga discesa del Passo Palade seduto sul tubo orizzontale per poter vedere la strada. Poi, dopo un inutile passaggio in farmacia a Merano, ho percorso la ciclabile della Val Venosta pedalando senza mani per poter mantenere il busto eretto e guardare avanti. Arrivato stremato al controllo di Silandro ho anche pensato di ritirarmi per il dolore e le difficoltà che avrei sicuramente dovuto affrontare in questo stato nella salita dello Stelvio.

Poi ha prevalso la ragione e il calcolo. Giunto a Prato allo Stelvio, sempre procedendo senza mani sullo sterrato, mi restavano 5 ore per arrivare in cima prima dello scadere del tempo massimo. Ho fatto un primo tratto di salita di prova procedendo a piedi e ho verificato che potevo tenere un passo di circa 4,5 km orari.

Ce la potevo fare.

Così ho fatto, alternando tratti con meno pendenza in bici ad una velocità superiore (circa 7/8 km/h) a tratti più ripidi a piedi. Una strategia vincente che mi ha consentito di conquistare il brevetto e la maglia nera e di scattare molte foto di uno Stelvio deserto, privo di auto e moto.

Questi ultimi 25 chilometri li ho percorsi insieme a Maurizio Nese che, pur non avendo lo stesso mio problema fisico, ha copiato la mia strategia, godendosi questa meravigliosa ultima salita e arrivando poco prima di me. Tutto questo con il sostegno e l’incitamento di Moreno Castellani che è stato il mio prezioso compagno di viaggio in questa bellissima avventura.

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