Il mio nome è Marino Morazzoni , sono uno di quelli che non è riuscito a terminare la PBP. Causa il sonno, mi sono fermato a Dreux e non sono più ripartito, sarei arrivato fuori il tempo massimo di 80 ore.
Alla mia prima esperienza , oltretutto non più molto giovane, classe 1950, ho peccato di presunzione rinunciando all’ opzione 90 ore che mi avrebbe permesso di riposare in modo più adeguato al mio fisico.
Non sono per nulla deluso dell’ avventura, anzi è stato un momento unico ricco di straordinarie emozioni.
Dalla foto di gruppo della nazionale , momento di grande aggregazione, alla “grandeur” francese. L’ho percepita immediatamente nell’ organizzazione, tutto perfetto, e sopra tutto nel grande affetto e partecipazione della gente a bordo strada; paesi in festa x il passaggio della PBP, bicilette con ornamenti floreali, e tante altre manifestazioni coreografiche che esaltavano lo sforzo dei partecipanti.. Magnifico il tracciato, vallonato in mezzo a pascoli e boschi che non finivano mai….
Intere famiglie applaudivano ed incitavano, tavolini improvvisati offrivano vivande senza chiedere nulla. In un paesino, dove era attivo H 24 un ristoro organizzato dalla locale società sportiva , offrivano un passato di verdura caldo e la possibilità di riposare su una comoda brandina con coperta di lana nel teatro civico, allestito a dormitorio per l’ occasione. Quando ho chiesto il costo del servizio la risposta è stata: bonne route et a bientot . Basito, sono ripartito sotto la pioggia pensando a quella brava gente che aveva organizzato turni per dare un minimo confort ai partecipanti. Non è stato l’ unico, esempio , si sono ripetuti episodi analoghi lungo gli interminabili chilometri.
Ho apprezzato anche la sensibilità degli automobilisti , molto corretti nei nostri confronti.
Fantastica la presenza di ciclisti di ogni età e dei paesi più lontani; tanti asiatici con biciclette italiane in acciaio, Colnago andava x la maggiore, tante magliette USA, biciclette carenate a mò di « automobiline », velocissime in discesa, ma dure da portare in salita, anche pieghevoli. Insomma un popolo variegato con un la convinzione di partecipare a qualcosa di eccezionale.
La fatica fisica è stata tanta, più di quella mentale. Difatti il crollo è stato solo fisico, la testa mi diceva vai, mancano solo 60 km, ma gli occhi si chiudevano ed il buon senso mi ha suggerito di fermarmi :
a Brest, al giro di boa, tutto era , come si suol dire, sotto controllo e nulla faceva presagire al crollo. Gli ultimi 300 sono stati un inferno ; per rispettare la tabella di marcia ho dovuto rinunciare a dormire . Le soste di 30 minuti, come suggeriva il mio compagno Paolo, non mi erano sufficienti per recuperare, ed a Dreux ho pagato a caro prezzo. Mi sono steso in palestra x alzarmi quattro ore dopo, troppo tardi !
Con rammarico, non ho rivisto il bellissimo velodromo di S. Quentin, ma sarà x la prossima volta…..
Un grazie particolare all’ Audax italia ed agli organizzatori delle rando italiane, che grazie agli eventi calendarizzati mi hanno permesso di essere presente alla madre di tutte le randonnee.
Complimenti ai randagi che hanno portato a termine "l’impresa"